Questa è una recensione senza spoiler.
Quando JJ Abrams prese in mano le redini di Star Trek, nell’ormai lontano 2009, incaricato di portare al successo la terza incarnazione cinematografica del franchise, decise di procedere in una direzione quanto mai pericolosa: un reboot completo della serie originale, con un cast completamente rinnovato e nuove storie e missioni. Da un punto di vista prettamente economico, ha sicuramente funzionato: Star Trek (2009) fu il film della serie a incassare di più, successo doppiato da Into Darkness quattro anni dopo. Molti dei trekker più accaniti, però, non avevano amato numerose scelte fatte nel reboot, che ha preferito accentuare l’azione e lo spettacolo al costo di ridurre di importanza aspetti come esplorazione dello spazio profondo, ricerca scientifica, missioni diplomatiche, rapporti tra i membri dell’equipaggio e così via.
La domanda, quindi, è la seguente: riesce Star Trek Beyond a convincere i (vecchi) fan del franchise e allo stesso tempo ad essere un film di qualità, divertente e piacevole?
La risposta è sì. Il film è ottimo, ed è un perfetto compromesso tra accogliere l’eredità pluridecennale della serie e continuare a innovare con un ritmo più spigliato e, ovviamente, una buona dose di effetti speciali.
Cominciamo dall’assodato. La Bad Robot (la compagnia di produzione di Abrams) sa come fare i film: dal punto di vista tecnico fila tutto liscio come olio.
Gli effetti speciali sono spettacolari, soprattutto durante le battaglie spaziali. In più, assieme a una buona dose di make-up e costumi, mettono in mostra alcuni degli alieni più “naturali” (vale a dire, non sembrano finti) che abbia mai visto al cinema. Per non parlare della Stazione Spaziale Yorktown: gigantesca città spaziale, è probabilmente uno dei migliori esempi di quella fantascienza visiva che è in grado di mettere i brividi per la sua bellezza e maestosità. Non ho mai percepito sense of wonder più che in quei minuti di bocca aperta davanti alle scene di presentazione della stazione.
In aggiunta, le scene d’azione (una buona percentuale del film) sono ben girate: il regista Justin Lin sa sicuramente come fare il suo lavoro, forte del suo background al timone dei vari Fast and Furious. Sia nello spazio, in cui il design molto originale delle astronavi dei cattivi costringe a battaglie frenetiche ed esplosive, sia a terra, si riesce sempre a seguire con soddisfazione l’azione, cosa che non si può sempre dire dei film di Abrams.
Per quanto riguarda i personaggi, abbiamo finalmente raggiunto la perfezione dei cast originali, con una sinergia tra membri dell’equipaggio che rende davvero l’idea che abbiano vissuto per anni nella stessa nave, a esplorare insieme l’ignoto. Tra tutti spicca la coppia Spock-Bones, sia come tempo sulla schermo sia come qualità: tra battibecchi e pericolosi incontri, Zachary Quinto e Karl Urban sono un piacere da vedere assieme, e fortunatamente il film li tiene uniti per buona parte del tempo.
Il James Kirk di Chris Pine è finalmente maturato, e passa dal ragazzino arrabbiato dei film precedenti a un Capitano che si merita la sua poltrona. Non si lancia di petto su ogni problema che l’Enterprise incontra – anche se, ovviamente, non si trattiene da una buona dose di scazzottate e sparatorie. Ah, e la scena del trailer tanto criticata, in cui carica all’assalto in sella a una moto d’epoca? Ha senso nel film, e si rivela anzi un modo molto originale e imprevisto per risolvere un bel problema.
Gli altri membri dell’equipaggio si vedono un po` meno, ma non per questo non brillano. Che siano Scotty o Sulu, Chekov o Uhura, le performance sono ottime, e ci ricordano perché abbiamo amato questi personaggi nei film precedenti. Anche la new entry del film, l’aliena Jaylah, riesce a inserirsi nelle dinamiche del gruppo e, anzi, ad accentuarle, con la sua stranezza e serietà.
Non si può, a questo punto, non parlare dello script. Uno dei problemi principali dei due film precedenti era una trama molto semplice e a tratti quasi ridicola, con personaggi che compivano scelte poco sensate e buchi narrativi grossi come una casa. Non è questo il caso, senza dubbio grazie all’aiuto nella stesura della sceneggiatura di Simon Pegg. Certo, ci sono ancora alcuni piccoli problemi, ma niente di particolarmente eclatante come in precedenza. La trama, pur lineare, ha senso, e funziona bene nell’accentuare, quando deve, i rapporti tra personaggi o l’azione.
Come dicevo in apertura, Star Trek ha sempre avuto, al suo cuore, l’equipaggio. Questo film finalmente ritorna alle origini, ed è solo collaborando che Kirk e compagni riescono a superare le avversità. Non c’è dubbio che verrà amato dai fan, anche grazie alle numerose citazioni e richiami al passato (tra cui una foto dell’equipaggio della serie originale, in memoria di Leonard Nimoy).
In sostanza, quindi, ci troviamo finalmente di fronte a uno Star Trek fatto come si deve, che riprende i temi e i punti forti del passato, e li inserisce nella fantascienza del 21° secolo con risultati più che soddisfacenti. E wow, quelle scene della Stazione Spaziale – è sicuramente quello a cui pensava Gene Roddenberry quando ha ideato la serie.