Lo ammetto, avevo intenzione di saltare completamente Solo: A Star Wars Story e vederlo solo (forse) in DVD o streaming. La cicatrice lasciata da The Last Jedi deve ancora guarire a fondo, e aggravarla con un’altra delusione non mi sembrava il caso.
Ho poi fatto la tessera del cinema, e con l’ingresso gratuito non c’era più molto da perdere, se non un paio d’ore buttate. In un piovoso sabato pomeriggio di giugno, ho finalmente visto Solo.
E devo ammettere che mi è piaciuto. Molto.
Il maggior problema del rilancio Disney di Star Wars finora è stato la ripresa pezzo per pezzo della trilogia originale, con nuovamente la Ribellione, l’Impero, la Morte Nera, AT-AT, caccia X-Wing, e chi più ne ha più ne metta. Poco importa che i nomi e qualche design sia stato cambiato: la sostanza è la stessa – ed è una sostanza di davvero poco spessore.
Solo: A Star Wars Story evita questa trappola, e rimane ancorato a una storia ben più ristretta e personale. L’Impero resta sullo sfondo, e compare solo in qualche scena di passaggio per dare una spinta alla trama, come del resto anche la Ribellione. È a un film di questo tipo a cui penso quando leggo il sottotitolo “a Star Wars story”: auto-contenuto, divertente senza esagerare, con qualche collegamento agli altri episodi ma sostanzialmente indipendente – è una vastissima galassia lontana, non il giardinetto di casa che i film Disney ci fanno immaginare.
Il nocciolo del film rimane semplice e lineare, come dev’essere una “origin story”. Han incontra Chewie, fanno amicizia, diventano contrabbandieri e ladri. Tutto qui. A spingere la trama c’è una rapina al treno, un amore perduto, e qualche crudele signore del crimine con ovvi collegamenti con l’Impero – tutto ben amalgamato, tanto da far dimenticare (quasi sempre) la travagliata storia del film e i vari re-shoot ed editing in post-produzione.
Anche gli inevitabili richiami alla trilogia originale non pesano sullo scorrimento del film e non sono così fuori posto e dissonanti come lo erano in tutti gli altri episodi del reboot disneyano. Certo, non ci possono non essere la rotta di Kessel in meno di dodici parsec, Han che spara per primo e il Millennium Falcon vinto al gioco d’azzardo, ma sono inseriti con accuratezza e hanno un senso logico nello sviluppo della trama.
Gli attori, nonostante alcune notizie davvero poco incoraggianti in fase di produzione, hanno tutti superato le mie aspettative. Difficile dire se il doppiaggio abbia aiutato o meno, ma si possono avere davvero pochissime lamentele. Alcuni personaggi avrebbero sicuramente beneficiato da qualche minuto in più di sviluppo, in particolare Qi’ra (Emilia Clarke di Game of Thrones) e Lando (Donal Glover di Community), e altri sarebbe dovuti essere stati completamente rimossi dal final cut: sì, robot femminista, sto parlando di te, Jar Jar Binks dei tempi moderni.
Come al solito, visivamente non ci si può lamentare. Ottima scenografia, effetti speciali impeccabili, fotografia di qualità. Lo stesso vale per audio e colonna sonora.
In definitiva, Solo è un film leggero, divertente e poco impegnativo, ambientato nell’universo di Star Wars ma senza essere epico e senza avere una portata “galattica”. Un’ottima visione con un cesto di popcorn e una coca ghiacciata.