In un momento imprecisato dell’ultimo decennio, mi sono reso conto che tra me e la maggioranza dei critici cinematografici c’è una grossa, sostanziale differenza: mentre io non sopporto i “buchi della trama” e considero la consistenza logica della sceneggiatura il cardine essenziale di un film, il critico medio è più che disposto a lasciarli in secondo piano se le componenti tecniche (fotografia, effetti, musica, cinematografia, …) sono eccellenti. Ricordo, in particolare, il primo caso in cui questo fenomeno è diventato estremamente evidente, impossibile da ignorare: Looper. Acclamato dalla critica, io lo trovai divertente e ben fatto ma talmente colmo di inconsistenze da inficiarne la valutazione complessiva – e non di poco: RottenTomatoes indica il voto medio della critica come 8.1, mentre per me si arrivava, forse, a un 7 tirato.
Perché questa lunga introduzione, vi starete chiedendo. Semplice. Lo sceneggiatore e regista di Looper è, guarda caso, lo stesso sceneggiatore e regista di The Last Jedi: Rian Johnson. E tutti i problemi che avevo con Looper, li ho anche con TLJ. Prima di scendere nei dettagli, quindi, vi basti sapere questo: se non avete troppe pretese nei riguardi della sceneggiatura, sarete sicuramente intrattenuti dal film, che dal punto di vista puramente tecnico è, senza dubbio, il migliore tra tutti gli Star Wars.
E non sto esagerando. Ormai la macchina produttiva Disney è oliata in tutti i suoi più piccoli meccanismi, e per trovare le minime crepe (tecniche) c’è da faticare parecchio. Già avevamo visto cosa si può fare con un budget pressoché illimitato in The Force Awaken e in Rogue One: qui si è addirittura andati oltre. Lontani sono i tempi dei ridicoli effetti speciali dei tre Prequel, o anche di quelli più efficaci ma grezzi della trilogia originale: quello che si vede sullo schermo è tanto realistico da poter davvero appartenere a un (seppur improbabile) futuro universo. In più, la fotografia di numerose scene è talmente eccezionale da far immediatamente venir voglia di fermare il proiettore per salvarsi il wallpaper da usare sul PC o cellulare – e non ho dubbi che capirete immediatamente a quale momento mi sto riferendo in particolare.
Musica ed effetti sonori sono, ovviamente, al pari. John Williams è una garanzia, e fa sempre un certo effetto riconoscere i temi di Star Wars (vecchi e nuovi) e sentirli intrecciare e sfumare seguendo e anticipando ciò che succede sullo schermo. L’unica critica che si può fare agli effetti è forse un eccessivo riutilizzo di vecchi suoni (valga l’esempio su tutti quello dei caccia che sfrecciano), che più di una volta hanno come unica funzione quella di richiamare la nostalgia degli spettatori adulti.
Altro punto di eccellenza è il cast. Il carisma del trio di protagonisti (Poe, Finn e Rey) è innegabile, e confermo l’impressione che avevo avuto in The Force Awaken: senza di loro, il reboot di Star Wars non starebbe in piedi. Anche Kylo Ren ha diverse occasioni per brillare sotto i riflettori, con una crescita notevole dal precedente capitolo. Non di meno sono i personaggi secondari, anche se sono talmente tanti che menzionarli tutti è impossibile.
E così, esaurite le buone notizie, passiamo alle cattive. Come già anticipato, lo script è francamente ridicolo per un film di questa portata. La trama ha più buchi di uno scolapasta, e le azioni dei personaggi sono dettate per buona parte solo dalla necessità di far avanzare la storia. Intere sezioni sono completamente superflue: si può uscire dalla sala e andare in bagno o a mangiare qualcosa, tornare dopo 20 minuti e non aver perso nulla.
La necessità di correre e infilare quanto più possibile in 150 minuti ha anche un pesante effetto sul ritmo, in particolare nella prima parte. Non si ha un momento di pace per tirare un respiro, ed è una sequenza di azione dopo l’altra. Azione che è spesso fine a se stessa: non si perderebbe niente (anzi, si guadagnerebbe), se fosse sostituita da un rallentamento e da un pizzico di introspezione e sviluppo dei personaggi.
Personaggi che, purtroppo, non hanno alcuna consistenza con il capitolo precedente. E non è una sorpresa: Rian Johnson ha ammesso che lo script era già in preparazione durante la stesura e ripresa di The Force Awaken, e che JJ Abrams e gli altri sceneggiatori non sono stati interpellati. È, in fondo, il metodo Disney: per far uscire un film all’anno bisogna per forza di cose affidarsi a diversi sceneggiatori che scrivono indipendentemente e in contemporanea, senza un’idea generale. Funziona senza dubbio per la fucina Marvel, ma in quel caso si tratta di film tutto sommato (per buona parte) autonomi, mentre qui abbiamo una trilogia che dovrebbe essere compatta e ben sviluppata. Nei vecchi film (originali e prequel) è chiara qual era l’idea di George Lucas – in questi due nuovi film, è tutto a casaccio.
Ecco quindi che Poe, Finn, Leia, addirittura Luke e Snoke, si comportano tutti in modo inusuale e inaspettato. È abbastanza ovvio che Johnson non avesse la minima idea di come dovevano svilupparsi i diversi archi narrativi aperti in TFA, e quindi dove può cerca di metterci una pezza, e dove non può semplicemente taglia e dimentica. Chi fosse inoltre interessato al folklore Jedi o più in generale al background di Star Wars, si metta l’animo in pace: tagliati sono tutti i ponti col passato, ancor più che in TFA, e la “cancellazione” dell’Universo Esteso da parte della Disney diventa sempre più realtà. Non per niente Mark Hamill, in una recente intervista, ha fatto sapere che “questo non è il mio Luke Skywalker, […] non è lo Star Wars di George Lucas, è lo Star Wars di una nuova generazione. Pensatelo come un altro personaggio. Magari un Jake Skywalker.”
Il taglio col passato è anche presente in moltissimi altri dettagli più o meno importanti. Il viaggio nell’iperspazio è ora praticamente istantaneo (per motivi di trama, ovviamente); il Primo Ordine ha a disposizione tecnologia che nelle precedenti trilogie e nell’Universo Esteso non si avrebbero mai viste; e così via, senza sosta.
Non posso non menzionare, inoltre, le continue battute e intermezzi tipici dei film Disney post Guardiani della Galassia. Sono un pugno nell’occhio. Stonano e non hanno alcun senso in un’ambientazione seria come quella di Star Wars. Non sono nemmeno ben eseguite: le risate che ho sentito in sala si possono contare sulle dita di una mano, a fronte di decine di tentativi di umorismo. Similmente fastidiosi sono i continui inserimenti di piccoli animaletti o alieni carini che hanno l’unico obiettivo di far vendere più merchandise (e se avete visto anche solo il trailer, già potete farvi un’idea).
The Last Jedi è, a conti fatti, una grossa delusione. È di certo un film in grado di intrattenere, tanto quanto il tipico film Disney/Marvel. Peccato non sia Star Wars. Nemmeno alla lontana.