Game of Thrones – Recensione 6×02: “Home”

Premetto che ho letto solo il primo libro di Game of Thrones, quindi la mia recensione si baserà unicamente sul telefilm e su quelle poche congetture che mi sono concessa di leggere su internet. Ergo, se sbaglio o dimentico nomi, portate pazienza.

 

Dopo l’anonimia della scorsa puntata, sottotono come ogni inizio stagione, la seconda puntata inizia con una piacevole sorpresa: finalmente, dopo una stagione di assenza, ritroviamo la storyline del piccolo Bran. “Piccolo” è la parola chiave. È cresciuto di venti centimetri e ormai pure Hodor fatica a portarselo dietro, ma per me sarà sempre il nanerottolo di Winterfell volato giù dalla torre e storpio a vita.

1Wylis

Hodor parla! HODOR!

Bran studia alla Hogwarts dei poveri – che si trova in un posto così desolato e deprimente che sorprende che Meera non si sia ancora data in pasto ai White Walkers pur di sfuggire alla noia – dove il buon vecchio Three-Eyed Raven gli insegna a vedere. In tutta onestà all’inizio pensavo fossimo finiti in un ricordo di Bran, perché la scena assomigliava a quella della prima puntata della prima stagione (sì, insomma, quando tutti erano felici. Ossia per tipo una puntata e basta), invece scopriamo trattarsi di uno scorcio del passato con Ned e Benjen Stark che si allenano sotto l’attenzione di (Ser) Rodrik. Arriva Lyanna, sorella di Ned e causa di graaaaandi casini nella saga, che fa la figa ma se lo può anche permettere, e vediamo pure la vecchia Nan. Ma la sorpresa più grande è Hodor – o, a quanto pare, Wylis – : parla e fa pure discorsi di senso compiuto! Hodor!

Bran, che nella visione cammina, è sinceramente felice e si sente finalmente “a casa”, quindi ovviamente Corvo lo fa svegliare perché non c’è tempo per la felicità, in Game of Thrones. In Game of Thrones o muori o muori fra due puntate.

Bran si sveglia e si trova davanti la Child of the Forest di cui avevo assolutamente dimenticato l’esistenza e al momento nemmeno mi ricordo più chi diavolo fosse, a parte la tuttofare del Corvo, e fa un mezzo infarto e lo capisco pure. Bran tenta di indagare sulla storia di Hodor, che al momento è la più interessante di tutta Westeros, e i due intrattengono una conversazione di tutto rispetto fatta di botte e risposte. Hodor.

Escono dalla grotta per cercare Meera, e Bran le ricorda che non c’è mondo aldilà dalle mura di Ver—della grotta. La ragazza è palesemente depressa, pensa al fratello che si è sacrificato per portarli in salvo tipo 45 stagioni fa, io penso solo al supernaso di Bran, cresciuto a dismisura nel giro di un anno. D’altronde non c’è molto altro a cui pensare, lassù, ci tengo a sottolinearlo. Ma Meera ha una missione: deve aiutare Bran quando se ne andrà da lì. Spero presto: il rischio suicido aumenta di pari passo con il naso di Bran.

Di Summer non c’è nemmeno l’ombra. Ciao Summer.

 

Mentre nel resto del mondo sembra siano passati secoli, alla Barriera si trattano di poche ore. Nella scorsa puntata non hanno fatto altro che sbatterci in faccia Jon Snow morto. Ma proprio morto. Morto morto. Al 100% morto, fidatevi. Davvero. Pure Ghost ne è convinto. Melisandre dalla disperazione era invecchiata di 225 anni, e pure io, fra poco. Il fatto che nessuno tra gli spettatori ci credesse è dettaglio. Io sono incredula che per due puntate ci abbiano fatto vedere Ghost così tante volte. Sarà per quello che Summer non s’è visto questa volta – c’è un massimale di un metalupo a puntata e accontentiamoci.

Corso di decorazione murale 2.0 a cura di Wun Wun.

Comunque alla Barriera tutto sembra perduto, Thorne e i traditori stanno per irrompere nella stanza dove ci sono Davos & co. e il corpo di Jon, Ghost vorrebbe solo cavare gli occhi ad Olly (siamo tutti con te, Bubi), quando arrivano i nostri deus ex machina: Edd l’Addolorato ha trovato i Bruti e si è portato dietro anche Wun Wun il Gigante per non sbagliare. Nel giro di quaranta secondi di orologio (giuro, li ho contati) i nostri riportano la pace a Castle Black spaccando i culi a destra e a manca, Wun Wun ridipinge le mura con sangue e cervella di uomini e i Corvi decidono che non ci tengono a vedere ultimata la sua opera di decorazione e si arrendono. Saggia decisione, anche se un po’ anticlimatica, ma va bene comunque perché ci riscalda il cuore sapere che i Bruti sono arrivati in aiuto a Castle Black,  perché vuol dire che qualcosa di giusto Jon Snow l’ha fatto, anche se poi è morto (?) per seguire le sue idee. Ah, poi c’è Olly che tenta di attaccare Tormund e tutti noi ridiamo. Ah ah ah.

Olly, devi morire e basta.

E niente, continuano a farci vedere il cadavere di Jon Snow e sembra che sia morto. Morto morto.

Pivelli.

 

A King’s Landing The Zombie-Mountain (che probabilmente avrà preso ripetizioni da Wun Wun) fracassa contro i muri crani di tizi a caso che fanno battute volgari su Cersei. Così.

The Zombie-Mountain avrà forse seguito il corso di Wun Wun?

Cersei, accompagnata dal fido Zombtain, vuole andare al funerale di Myrcella, ma la Guardia Reale la ferma perché Re Tommen ha paura che possa accaderle qualcosa e quindi le ha vietato di uscire dalla Fortezza Rossa. Al colosso umano (?) alle spalle della Regina basta mettere mano sull’elsa della spada perché tutti se la facciano sotto. Pure io me la faccio un po’ sotto. Fortunatamente Cersei desiste, tutti tiriamo un sospiro di sollievo e ci cambiamo i pantaloni.

Nel Grande Tempio, davanti al corpo di Myrcella, Tommen si fa venire i sensi di colpa per tutto quello che è successo nella scorsa stagione (a ben ragione) e Jamie gli fa la predica e lo manda da Cersei. Tommen va a scusarsi con sua madre in un patetico discorso che pressapoco suona così: “Mamma, insegnami a diventare uno stronzo.” “Tesoro… non aspettavo altro.”

Ora, Cersei l’ho odiata spesso e volentieri, ma come madre è ineccepibile. È una leonessa che muoverebbe mari e monti per i suoi figli, e questo è ciò che più le fa onore perché, in mezzo alla sua stronzaggine, c’è qualcosa di puro. Okay, è rivolto solo verso i propri figli (quelli rimasti, perlomeno), ma c’è. Quindi in questo momento io faccio il tifo per lei e spero faccia il culo a strisce a tutti quanti.

Nel mentre Jamie e l’High Sparrow hanno una piacevolissima conversazione in cui Jamie ci mostra la misoginia dei Passeri ricordandogli di aver tradito e assassinato il suo Re, poi suo cugino, di aver aiutato a scappare Tyrion, senza contare l’accusa di incesto di cui Cersei stessa era stata incolpata, e in tutto questo a nessuno è venuto in mente di sbatterlo in prigione o fargli fare una Walk of Shame come era stata fatta fare, oltre che a Cersei, anche all’High Septon nella scorsa stagione. Il Passero non dice niente. C’è un momento di tensione in cui sembra che Jamie stia per attaccarlo, poi però arrivano altri adepti armati e il Passero ricorda a Jamie che tutti loro son dei poveracci senza nome e senza potere, ma, si sa, la forza del lupo è nel branco e, come si è visto nella scorsa stagione, poco è bastato per rovesciare un impero.

*mic drop* “High Sparrow out, bitches.”

 

A Meereen si cerca di scoprire senza successo chi sia stato l’uomo che ha dato fuoco alle navi, mentre da Astapor e Yunkai non giungono notizie migliori: da quando Dany è sparita, i padroni si sono ripresi le città nullificando quindi intere storyline delle scorse stagioni. Non che avessimo molti dubbi: Dany, piantala di cazzeggiare oltreoceano, piglia i tuoi draghi e vai a radere al suolo Westeros, ti prego.

Al momento, però, sono proprio i draghi il vero problema: Rhaegal e Viseron, incatenati perché Dany è fondamentalmente stupida, si stanno lasciando morire di fame. E te credo! Tyrion, le cui specialità sono “bere e sapere cose”, spiega che draghi e cattività non vanno d’accordo: in passato i draghi volavano liberi, finché i Targaryen non iniziarono ad incatenarli con l’infelice risultato di storpiarli e renderli, nel corso delle generazioni, non più grandi di un gatto. Ma i draghi sono creature molto intelligenti, provano rabbia per i nemici e affetto per gli amici, come confermato da Missandei, che è sempre vissuta con loro e loro non le hanno mai fatto niente. Tyrion è un amico e ha tutta l’intenzione di farglielo capire.

All’inizio pensavo che avrebbe mandato Missandei in avanscoperta (e sarebbe stata la scelta più razionale), invece Tyrion scende nelle segrete solo con Varys, il quale lo guarda e si vede chiaramente il fumetto sopra la sua testa che dice: “È stato bello conoscerti ciao addio”. Ma Tyrion è un Lannister, e ricordiamoci che alla battaglia di Blackwater è stato lui a guidare in prima linea la difesa, quindi, anche se si sta cagando sotto, va incontro ai draghi in una delle più belle scene del telefilm.

Uno dei due draghi sta anche per sputargli addosso una fiammata, ma si ferma quasi subito quando Tyrion fa un discorso sensatissimo: “Sono un amico di vostra madre. Sono qui per aiutare. Non mangiate l’aiuto.” E Rhaegal e Viseron: “Ah okay.”

 

Tyrion ha avuto il suo regalo di compleanno con qualche anno di ritardo.

Tyrion racconta di quando, da piccolo, la cosa che desiderava di più al mondo fosse un drago, e, quando l’aveva chiesto come regalo di compleanno, tutto l’avevano preso in giro dimostrando di essere perfetti idioti perché se c’è qualcuno che in questo telefilm si merita un drago, quello è proprio Tyrion. Il nostro nano preferito posa la torcia a terra e fa una carezza ad un drago (che, incredibile!, non gliela stacca a morsi), prima di liberarli dalle catene. I draghi si girano e non si capisce bene se siano liberi liberi o se siano semplicemente liberi di scorrazzare nella segreta. Non importa, Tyrion è vivo e torna da Varys: “La prossima volta che mi viene un’idea del genere, dammi un pugno in faccia.” E il fumetto di Varys: “Potrei provarci, ma non servirebbe a niente.” Ti capiamo, Varys.

In una puntata, Tyrion ha avuto più dialogo con i draghi che Daenerys in sei stagioni, ci tengo a sottolinearlo. Dany, impara.

 

A Braavos, in una storyline che al momento è quella meno interessante in assoluto, Arya continua a farsi picchiare col bastone dall’Orfana finché non torna Jaqen H’ghar che le promette meraviglie se solo Arya dice il suo nome. Arya rifiuta et voilà, una ragazza non è più una mendicante. Siano benedetti i Sette Dei che non abbiamo passato altre 10 puntate a vedere Arya picchiata con un bastone, perché quello che più speravo da lei (ossia che diventasse una cazzutissima assassina e tornasse a Westeros per uccidere tutti quanti) sembra a tutt’ora una visione lontana anni luce.

 

A Winterfell si discute della fuga di Sansa e Theon: tutti sanno che Sansa sta andando a Black Castle, e Ramsay spinge per attaccarlo adesso che ci sono solo contadini e ladri a difenderlo (e giganti. E Bruti. E metalupi. Dettagli). Roose lo stronca di netto: “Se uccidiamo il Lord Comandante tutte le casate del Nord s’incazzerebbero, Ramsay, ti è dato di volta il cervello?”

Ah ah ah. Uccidere il Lord Comandante! Ah ah ah! No.

Comunque Ramsay sostiene che non importa, che le casate alleate ai Bolton sono abbastanza per sconfiggere quelle nemiche, e Roose lo insulta giusto un altro pochino (“se ti crei la reputazione di un cane pazzo, ti tratteranno come un cane pazzo, trascinato sul retro e abbattuto per nutrire i porci”) finché non arriva la splendida notizia che Lady Walda, moglie di Roose Bolton, ha partorito un maschietto. Gaudio e tripudio. Certo. È chiaro dagli occhi brillanti di felicità di Ramsay che le cose finiranno molto male, ma non mi aspettavo quanto male.

The Lannisters send their regards.

Perché in una scena che è il Red Wedding al rovescio, Ramsay e Roose si abbracciano e Roose gli ricorda che lui sarà sempre il suo primogenito. Ramsay lo ringrazia e poi procede a pugnalarlo nello stesso modo in cui Roose aveva pugnalato Robb Stark. Karma, bitches.

Ora, tra i due mali Boltoniani, il minore è sempre stato Roose. Ramsay è il cane pazzo, senza guinzaglio ma anche senza razionalità. È una bomba pronta a scoppiare, e per quanto di Roose gli uomini fossero intimoriti perché dal pugno di ferro e senza paure, di Ramsay tutti hanno paura perché imprevedibile nella sua pazzia e sadismo. È un Joffrey ancora più folle, in sostanza. Roose era lo stratega, il leader che sapeva riunire le casate: da Ramsay io mi aspetto la disfatta totale.

Nonostante questo, Ramsay ordina ad un Maestro Wolkan terrorizzato di avvertire le case del Nord che Lord Bolton è morto, avvelenato dai suoi nemici, e di mandare a chiamare Lady Walda col figlio appena nato.

Tutti sappiamo cosa accadrà, ma sarà che ormai Game of Thrones c’ha assuefatto agli orrori, sarà che dopo il Red Wedding niente è stato più lo stesso… Ma anche l’orribile dipartita della donna (che, ci tengo a sottolinearlo, ha appena partorito ma gironzola senza particolari problemi, benedetta figliola), sbranata dai segugi infernali di Ramsay insieme al neonato, non provoca lo shock che avremmo potuto provare diciamo… Tre stagioni fa.

Ripeto: Ramsay è come Joffrey, quindi già mentre chiedeva a Lady Walda di prendere in braccio il fratellino tremavo e mi aspettavo che replicasse le doti decorative di Wun Wun contro le mura del castello. Insomma… C’è una sicurezza di fondo nella sua follia, che a volte (sempre) è quasi scontata. Mi spiego: tutti noi sappiamo cosa aspettarci da lui. Sappiamo che se ci sono due strade da percorrere, possiamo star sicuri che Ramsay prenderà quella più orribile e crudele, e questo continuo sbattercelo sul naso un po’ infastidisce, a mio parere. Per quanto le sue frasi ad effetto siano l’emblema della perfetta crudeltà (ad esempio quando Lady Walda supplica per aver salva la vita del figlio e Ramsay risponde con un: “Preferisco essere figlio unico.” Chiuso sipario. Perfezione).

 

Un raro sorriso di Sansa!

Andando da Sansa, la troviamo che finalmente scopre qualcosa in più di Arya, anche se Brienne non fa specificamente il nome di Sandor Clegane, il che è un vero peccato perché mi sarebbe piaciuto vedere la reazione di Sansa nello scoprire che il suo ex-protettore fosse diventato per un breve (ma stupendo) periodo il protettore/rapitore di Arya. Comunque Arya sembrava in salute, non era vestita come si conviene ad una lady e Sansa per un momento si dimentica l’orrore che è la sua vita e sorride dicendo che non sarebbe stato da lei, altrimenti.

In ogni caso l’idea generale è quella di andare a Castle Black, ma Theon decide di lasciare il gruppo perché, anche se potrebbe prendere il nero e aver perdonati tutti i suoi crimini, lui non vuole essere perdonato. Nel giro di due puntate, Theon ha finalmente tirato fuori gli attributi (risparmiamoci le battute) e la cosa commuove, in un certo senso. Ho goduto come un riccio quando Theon ha avuto quello che si meritava, e l’ho odiato ancora di più quando, nella scorsa stagione, tradiva la già poca fiducia che Sansa riponeva in lui, quindi vederlo così, che ammette le proprie colpe e non cerca il perdono perché sa di non meritarselo, è una più che piacevole evoluzione del personaggio.

L’unica cosa che Theon chiede ad una Sansa in lacrime è un cavallo per poter tornare a casa. Spero che per casa intendesse le Iron Islands e non la cuccia del cane a Winterfell.

 

Parlando di Iron Islands, devo ammettere che i Greyjoy son sempre stati quelli che meno mi interessavano, e so che per i lettori deve essere diverso – ho letto di molte persone eccitate per la storyline che si sta apparentemente dipanando, ma per ora le cose continuano ad essere noiose.

Tra Balon Greyjoy e Yara c’è una discussione sulle conquiste fallite, invasioni fallite e progetti futuri destinati a fallire perché la forza dei Greyjoy sta nel mare, non nella terra. Nella famiglia gioia c’è poca gioia. Balon incolpa Yara perché ha usato parte delle truppe nel vano (e stupido) tentativo di salvare Theon e poi le dice che potrà fare quello che vuole quando governerà lei le Iron Islands, ma per il momento deve eseguire i suoi ordini.

Io lo dicevo che quel ponte non mi sembrava sicuro…

Ora c’è la scena che ha eccitato i lettori e di cui io ho capito poco o niente, anche perché, lo ammetto, dei Greyjoy ricordo ben poco. Balon, che durante la tempesta non ha niente di meglio da fare che attraversare ponti tibetani che collegano le torri e che hanno decisamente visto giorni migliori, si trova davanti un losco figuro che si rivela poi essere suo fratello [il quale, anche se non viene detto nel telefilm, è Euron Greyjoy]. A quanto pare questo fratello sembrava fosse morto annegato in qualche oceano straniero, invece è vivo e vegeto e con manie di protagonismo che nemmeno Melisandre ai tempi d’oro. Si auto-proclama il Dio Abissale, dice che tutti hanno paura di lui, che lui è la tempesta, che suo fratello è vecchio e dovrebbe lasciare il posto a qualcun altro e blablabla. Sbadiglio.

Comunque nel pieno del delirio di onnipotenza, Euron prende Balon e lo lancia giù dal ponte tibetano. Così. Ciò che è morto non muoia mai.

Il giorno dopo fanno il funerale a Balon Greyjoy, Re delle Iron Islands, e ci sono dieci partecipanti in croce alla cerimonia. Probabilmente gli altri saranno andati a riparare i ponti tibetani. In ogni caso Yara promette sul Trono di Sale che scoprirà l’assassino e il septon le dice chiaramente che non può promettere sul Trono di Sale visto che non è la Regina, probabilmente non lo sarà nemmeno a meno che durante l’Acclamazione del Re non verrà scelta e in pratica Yara ti è andata male.

 

È giunto finalmente il momento che più aspettavamo. Torniamo alla Barriera. Davos fa visita ad una Melisandre che, con pellicciotto da nonna, capelli scombinati e sguardo funereo, potrebbe battere a livello di depressione Meera. Davos è il Presidente degli Stati Uniti quando c’è da fare una prep-talk prima dell’invasione aliena durante l’Independence Day. È il coach della squadra di football sfigata davanti ai vincitori del Super Bowl. È quello che ti convince a fare qualcosa che non vuoi fare e ti fa anche sentire felice di farla. In pratica, Davos convince Melisandre a resuscitare Jon Snow con un discorso da Oscar. Davos sei il meglio.

Si riuniscono dunque nella camera ardente, Melisandre pulisce (finalmente) il corpo di Jon Snow, toglie il sangue rappreso, gli taglia barba e capelli e in tutto questo pronuncia frasi in Alto Valyriano all’apparenza banali. Ci aggiunge anche un “please” finale, e c’è disperazione negli occhi di tutti quando non accade nulla.

Ghost <3

E qui la tensione sale alle stelle. Ghost è ancora steso a terra, una a una le persone escono dalla stanza con la consapevolezza che non ha funzionato… E noi spettatori speriamo. Abbiamo sperato per mesi, ci siamo convinti che Jon Snow non fosse davvero morto, poi ci sono queste lunghe scene di silenzio e ti viene da dire: “Qua ci hanno trollati alla grande, brutti stronzi, vuoi vedere che Jon è morto sul serio?” E poi vaffanculo, Ghost si sveglia e si alza e Jon Snow apre i cazzo di occhi e torna a respirare.

 

“Per gli dei… Avrò mica dimenticato il forno acceso?”

I cori da stadio temo si siano sentiti fino a Meereen.


Tirando le somme: io (e il 90% della popolazione terrestre) sono mesi che sostengo che Jon Snow non fosse davvero morto. Avevo letto teorie e ipotesi e idee, e quella che più amavo era quella che sosteneva che

Teoria sulla legacy di Jon Snow
Jon Snow fosse il figlio illegittimo di Lyanna Stark (la stessa che abbiamo visto a inizio puntata) e Rhaegar Targaryen. In sintesi la storia è questa: Rhaegar si innamora perdutamente di Lyanna, promessa in sposa a Robert Baratheon, e la rapisce rinchiudendola nella Torre della Gioia a Dorne. Questo sarà l’inizio di una guerra che porterà alla ribellione di Robert e alla caduta della dinastia Targaryen. Tralasciando tutto ciò che accade in generale durante la guerra, l’importante è che Robert uccide Rhaegar nella Battaglia del Tridente mentre Ned corre a liberare la sorella, ma è troppo tardi: Lyanna infatti giace morente in una pozza di sangue e spira poco dopo tra le sue braccia dopo avergli strappato una promessa di cui non si sa il contenuto. Non si sa nemmeno molto di ciò che è successo nella Torre, ma alcuni sostengono che Lyanna fosse rimasta incinta di Rhaegar e che avesse affidato il figlio appena nato a Ned affinché lo proteggesse. Questo farebbe di Jon Snow uno Stark e un Targaryen e forse, sottolineiamo forse, avrebbe gli stessi “poteri” di Daenerys, ossia, tra le altre, la resistenza al fuoco.

Quindi l’idea che mi ero fatta era che avrebbero dato fuoco al corpo di Jon e tra Melisandre di mezzo e il retaggio Targaryen di immunità al fuoco, Jon sarebbe risorto un po’ come Daenerys nel finale della prima stagione. E quando Tormund, con i lucciconi agli occhi, ordina ai suoi uomini di preparare la legna per la pira funebre, mi sono detta: “Ecco, ci siamo”.

In definitiva non mi dispiace la scelta del come hanno deciso di resuscitare Jon: l’importante per me era che tornasse in vita a spaccar culi. Alcuni si sono lamentati che è stato tutto troppo semplice e non era giusto che un personaggio resuscitasse, perché Martin c’ha insegnato che nessuno è al sicuro e tutti possono morire e menate varie. Non essendo ancora uscito il nuovo libro delle Cronache, non possiamo nemmeno sapere quale sia la sua idea in merito. A me sinceramente non interessa. Voglio un Jon Snow vivo e preferibilmente spietato, pronto a riprendere in mano la leadership dei Guardiani della Notte.

E per quanto riguarda la metodologia con cui Melisandre ha riportato in vita Jon… Beh, se torniamo indietro nel tempo, dobbiamo ricordarci di Thoros di Myr, il sacerdote rosso che resuscita per ben sei volte Beric Dondarrion. Nella scena del telefilm, Beric viene sconfitto e ucciso da Sandor Clegane, e Thoros, con semplici parole in linguaggio comune e poi in Alto Valyriano, lo resuscita come se niente fosse. Il tutto è ancora più spiccio della scena con Jon Snow. Non ci sono fumi magici, scoppi improvvisi, formule magiche urlate sotto cieli in tempesta, ci sono solo semplici parole. Si sa che Martin non ha mai dato particolare importanza alla magia nel senso teatrale del termine. Nei suoi libri ci sono elementi sovrannaturali e fantasy, certo, ma Game of Thrones è una saga politica, più che fantasy, quindi non mi sorprende la scelta di rendere il tutto più sobrio possibile.

Ad ogni modo, inizialmente tra Thoros e Melisandre non c’è alcuna possibile analogia: Melisandre è una sacerdotessa di R’hollor, sicura fino allo stremo della sua fede, mentre Thoros ha seguito gli insegnamenti religiosi molto svogliatamente, preferendo piuttosto divertirsi con alcol, duelli e donne. Ammette che, quando approdò a Westeros, non credeva nel Signore della Luce ed era sicuro che la sua intera fede fosse tutta una messinscena. Eppure, nel momento in cui Beric morì in un duello per mano della Montagna, Thoros si chinò vicino all’amico e disse le antiche parole – non perché ci credesse, ma semplicemente perché erano le uniche che conosceva. Fu allora che il Signore gli rispose per la prima volta e riportò in vita Beric, e Thoros ritrovò la fede nel Signore della Luce.

Thoros dice a Melisandre che lui non ha alcun potere, che lui chiede al Signore la grazia e il Signore fa la Sua volontà. Un semplice prete, che fino al giorno prima era del tutto miscredente, ha le capacità per sconfiggere la morte.

Qui troviamo la similitudine con Melisandre: nella scorsa puntata l’abbiamo vista sconfitta, tutto quello in cui credeva è stato gettato al vento, non ha più fede e tutte le visioni che ha avuto non sono altro che menzogne – almeno, questo è ciò che crede. È Davos che la convince: lui non crede ad un Dio, lui crede in lei. E bon, Melisandre è la nuova Thoros. Non vedo l’ora di vederla all’opera con una rinnovata fede.

Parafrasando Davos: “Fuck the Gods. Fuck everyone.”

 

  • MORTI IMPORTANTI: Roose Bolton, Balon Greyjoy; in minor misura Lady Walda e figlio.
  • ASSENTI DELLA PUNTATA: Daenerys (immagino starà imparando a lavorare a maglia insieme alle altre vedove). Le Vipere, ma credo che nessuno piangerà la loro assenza.
  • TETTE/CULI: Zero? Possibile? Sono incredula. Anche se si vede il petto nudo di Jon Snow.
  • MOMENTO PIÙ WTF?!: Hodor che parla!