Tomb Raider (recensione)

Se c’è un genere che continua a rinascere dalle sue ceneri, pur producendo un’ondata continua di film mediocri (esagerando coi complimenti) raramente intervallati da un film di qualità semi-accettabile che non fa rimpiangere il costo del biglietto del cinema, è quello degli adattamenti sul grande schermo di videogiochi. Il più famoso dei quali è senza dubbio Tomb Raider, con una Angelina Jolie nel fiore della sua carriera a rappresentare una (ai tempi) iper-sessualizzata archeologa. Sono da allora passati più di 15 anni, che per gli occhi dei produttori hollywoodiani è un’era gelogica: ed ecco dunque arrivare puntuale il reboot. Che, va detto già da subito, è notevolmente migliore dei due film di inizio millennio, pur non brillando.

È un reboot in un certo senso meritato, se non altro perché, nel frattempo, il videogioco stesso ha subito un rilancio sostanziale, proponendo una Lara Croft ben più moderna e temi e storie più maturi e adatte a un pubblico adulto. E devo ammettere che si è trattata di una manovra eccezionalmente riuscita: il reboot del 2013 è il miglior videogioco della serie di un buon margine. Non era così azzardato, dunque, provare a rilanciare anche la serie cinematografica.

Come nel nuovo videogioco, ci troviamo di fronte a una Lara Croft che non è ancora l’esperta protagonista dei vecchi episodi, ma una giovane donna che si trova, suo malgrado, nel bel mezzo di complotti internazionali, tra secolari organizzazioni intenzionate a controllare il mondo e antichissimi artefatti dall’enorme potere. È, se si vuole, una sorta di prequel, anche se forse è più corretto parlare di “coming of age”: più del risultato, è importante l’evoluzione del personaggio, il percorso compiuto per arrivare a diventare la donna che conosciamo.

Il film funziona quando riprende ed espande quanto di originale e innovativo c’è nel videogioco del 2013. Lara Croft non è più bellissima, ricca, realizzata, cintura nera in diverse arti marziali ed esperta di dozzine di armi e mezzi di trasporto. È una giovane donna che lavora in un pony express, cercando di lasciarsi alle spalle il passato – certo, ha trascorso la sua infanzia nell’enorme villa di famiglia Croft, tra tiro con l’arco e cacce al tesoro usando manufatti di terre lontane, ma si tratta di un passato che rimane per la maggioranza del film in secondo piano.

La scelta del cast rispecchia questa scelta narrativa, come lo è nel gioco, che dimentica le prorompenti misure delle origini. Alicia Vikander è quanto più lontano ci sia da Angelina Jolie, e in positivo: la sua Lara Croft è reale, con il suo bagaglio di faccende in sospeso e poca esperienza in materia archeologica (e di combattimento). Oltre alle ovvie differenze di corporatura, viene anche posta più enfasi nella fisicità del personaggio: già nei primi minuti Alicia mostra i muscoli sul ring e nella corsa in bicicletta, e di continuo poi nel corso del film, tra corse, arrampicate, salti. Il contrario, insomma, di Angelina, che piuttosto dei muscoli mostrava solitamente la scollatura.

Non è però tutto oro quel che brilla, sfortunatamente. La trama è poco più di un riciclo di vecchie idee già viste e riviste, ed è appena sufficiente per dare un senso al viaggio di Lara. È sfruttato pressoché ogni trope del genere, dal crudele capo-spedizione inviato dalla malvagia società segreta alla popolazione locale schiavizzata, dall’isola inaccessibile nel bel mezzo di qualche triangolo di oceano tempestoso alla porta apribile solo risolvendo un enigma – e ovviamente trappole, trappole a non finire. Sono trascorsi oltre 35 anni da I predatori dell’Arca Perduta: non siamo riusciti davvero a inventarci nulla, nel frattempo?

Certo, lo stesso videogioco del 2013 aveva una trama molto basilare, ma compensava con altre, eccezionali, caratteristiche, e in particolare un cast di personaggi secondari molto interessanti e variegati, costretti in una storia di amicizia e sopravvivenza, con una portata emozionale non indifferente. In questo film, invece, i personaggi sono inoltre generalmente poco sviluppati, relegati per buona parte sullo sfondo. Lara è la protagonista, non c’è dubbio, ma il gioco spingeva molto sul fatto che la sua crescita personale fosse un percorso condiviso, e da sola non avrebbe mai superato le difficoltà del percorso.

Le scene d’azione, che dovrebbero essere il punto di forza della franchise, sono fin troppo noiose e banali. Anche qui, difficile dimenticare che praticamente ogni cosa ci viene mostrata è ormai più che standard per il genere. L’unica (breve) sezione interessante è già vista più e più volte nei trailer, in cui Lara deve correre su un decrepito aereo bloccato sul ciglio di una cascata.

Tutto considerato, Tomb Raider rimane comunque un film piacevole, a patto di mantenere basse le proprie aspettative. Non è un disastro, ma rimane decisamente lontano dall’essere un ottimo film. Peccato, perché l’occasione era perfetta per riavviare la serie.

Voto Finale: 6.5/10